lunedì 10 novembre 2008

Israele-Palestina: Media e Conflitto

Si è tenuta Mercoledì 29 Ottobre, presso la Sala del Consiglio Provinciale di Milano, la conferenza pubblica conclusiva del progetto triennale “More than Words: Media Coverage of the Israeli-Palestinian Conflict” che ha visto la partecipazione, accanto a Keshev, The Center for the Protection of Democracy in Israele e a Miftah, The Palestinian Iniziative for the Promotion of Global Dialogue and Democracy, del CIPMO, il Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente.

Ne abbiamo parlato qui.


Dalla nostra inviata Silvia Colombo:

L’incontro si è svolto al termine del seminario riservato che ha coinvolto venti giornalisti e operatori media israeliani e palestinesi riunitisi a Milano con l’intento di riflettere sulle modalità attraverso le quali i media possono influenzare l’andamento del conflitto israelo-palestinese. Dalle parole degli organizzatori, il progetto “More than Words” rappresenta uno strumento di diplomazia parallela che può incidere in maniera significativa sulla percezione e sull’atteggiamento reciproci delle parti in causa, disseminando le informazioni in maniera obiettiva e moderata, in grado di mettere in luce l’umanità del “nemico” e traducendone bisogni e aspirazioni.

Con questo scopo, le due ONG svolgono un’azione continua di monitoraggio sul modo in cui il conflitto viene presentato nei rispettivi media palestinesi e israeliani, formano i giornalisti e educano i consumatori di notizie ad un atteggiamento critico nei confronti dei prodotti mediatici. L’approccio congiunto prevede inoltre un continuo scambio di informazioni e un confronto costante riguardo ai metodi impiegati, ai risultati ottenuti e alle aspettative.

Il supporto del CIPMO, ormai da decenni impegnato nella promozione del dialogo e nell’educazione alla pace, si è rivelato fondamentale per fornire un terreno comune e neutrale per la discussione tra le parti, date le difficoltà oggettive e l’atteggiamento di diffidenza reciproca che spesso impediscono l’incontro costruttivo tra le parti. Di grande impatto nella direzione di una maggiore conoscenza e quindi accettazione dell’“altro” sono stati anche i training formativi presso le redazioni di Rai News24 a Roma, de Il Sole 24 Ore a Milano e dell’Osservatorio di Pavia nell’arco del 2007 e 2008. Questi training hanno costituito innanzitutto un’occasione di incontro tra un gruppo di giovani giornalisti palestinesi e la controparte israeliana e, in secondo luogo, uno spazio di confronto con i professionisti italiani sulle tecniche utilizzate per comunicare al pubblico la realtà di un conflitto.

Entrando nel dettaglio della conferenza conclusiva, la testimonianza di relatori quali Danny Rubinstein – ex-corrispondente per il quotidiano israeliano Ha’aretz in Cisgiordania – e il collega palestinese Khalil Shaheen – caporedattore del quotidiano Al-Ayyam – ha fornito molteplici spunti di riflessione sul rapporto tra media e conflitto, in particolare nel caso specifico di quello israelo-palestinese, e sulla possibilità di essere oggettivi e di sfuggire alle logiche di disumanizzazione del “nemico” nella realizzazione di servizi giornalistici sul “campo di battaglia”. Con un tono di lucido pessimismo, Ugo Traballi – inviato ed editorialista de Il Sole 24 Ore e profondo conoscitore della realtà del conflitto israelo-palestinese – ha concluso il dibattito mettendo in dubbio la reale capacità detenuta dai media di influenzare l’andamento del conflitto, a causa della debolezza delle opinioni pubbliche nei due paesi in questione, che egli ha definito come “non pronte per la pace”. Da qui la consapevolezza di agire attraverso altri strumenti, quali quello importantissimo della scuola e dell’educazione, per favorire l’emergere di giovani e di nuove opinioni pubbliche convinte e imbevute dei valori della pace, della convivenza e del rispetto reciproci.

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