venerdì 22 febbraio 2008

L'Iran e i suoi tesori - Il Sapore della Ciliegia


Primo Incontro

26 febbraio 2008


Il sapore della ciliegia

Un film di Abbas Kiarostami


Scheda Tecnica
Titolo originale: Ta'm-e gīlās
Paese: Iran
Anno: 1997
Durata: 95' col.
Genere: drammatico
Regia, soggetto e sceneggiatura: Abbas Kiarostami

Il film ha vinto la Palma d’Oro al festival di Cannes come miglior film nel 1997.

Trama

Non si conosce il motivo della sua disperazione, ma un uomo, il signor Badii (Homayon Ershadi), vaga con la sua auto per la periferia di Teheran in cerca di aiuto: medita infatti il suicidio, ha scavato la propria fossa e desidera che qualcuno venga il mattino seguente a ricoprirne il corpo con della terra, nel caso che abbia attuato il proposito. Offre perciò del denaro a tre sconosciuti. Il primo, un ragazzo di leva (Afshin Khorshid Bakhtiari), spaventato dalla proposta, fugge. Il secondo, un seminarista (Mir Hossein Noori), rifiuta di collaborare a quello che per la sua religione è un gesto sacrilego. Soltanto l'ultimo accetta. È un anziano impiegato del museo di scienze naturali, il signor Bagheri (Abdolrahman Bagheri). Ma ha una storia da raccontare a Badii. Anch'egli, anni prima, ha coltivato la stessa intenzione; se ne è però dissuaso assaporando il gusto del frutto di un gelso.


Altre informazioni utili…

Alcune note su Kiarostami


Abbas Kiarostami nasce nel 1940 a Teheran. Figura centrale della cinematografia iraniana, proviene dalla pittura (si è laureato all’Accademia delle Belle Arti) e dalla grafica pubblicitaria. Uno dei veri maestri del cinema contemporaneo, Il regista iraniano Abbas Kiarostami ha ottenuto non solo l’ammirazione di pubblico e critica in tutto il mondo, ma anche la stima di registi affermati come Jean-Luc Godard, Nanni Moretti, Chris Marker, e Akira Kurosawa, che ha dichiarato a proposito dei film di Kiarostami: "Le parole non possono descrivere adeguatamente i miei sentimenti al loro riguardo,semplicemente vi consiglio di guardare i suoi film”.
Sebbene Kiarostami si sia distinto come grande regista in Occidente durante gli anni Novanta – grazie a film come Close-Up e Sotto gli Ulivi – aveva già realizzato film in Iran a partire dagli anni Settanta Anche se I suoi film sono stati paragonati più volte a quelli di Vittorio de Sica, Eric Rohmer, o Jacques Tati, la sua cifra stilistica rimane unica. La complessità concettuale e l’apparente semplicità stilistica vanno di pari passo; poetici, lirici, riflessivi e progressivamente sempre più sofisticati, i suoi film mescolano finzione e documentario in modi sempre diversi, e spesso realtà e finzione sono combinate in modo inestricabile. (Kiarostami ha dichiarato "L’unico modo di avvicinarsi alla realtà è mentendo").
Nei suoi ventotto anni di carriera, Kiarostami ha realizzato più di venti film, ma è solo alla fine degli anni Ottanta che i suoi film cominciano a circolare al di fuori dell’Iran. E la vita continua (1992) – il primo dei film proiettato al New York Film Festival – e Sotto gli ulivi (1994), hanno contributo a creare la reputazione di Kiarostami in Occidente.
Palma d’oro a Cannes, è il controverso Il vento ci porterà via (1999), Leone d’oro a Venezia, l’elaborazione del reale si fa sempre più rarefatta, per avvicinarsi all’estetica pura del racconto, senza essere sottesa ad altre regole che a quelle della creazione, "perché il pubblico non dimentichi che ciò che vede è un film e non la realtà". Nel 1997 è stato lo sceneggiatore dell’intenso Il palloncino bianco di J. Panahi. (fonte:http://www.iranianmovies.com/)


Il sapore della ciliegia


Voting Taste of Cherry the best film of the year in the international edition of Time magazine, Richard Corliss wrote: "The film's artful simplicity, its respect for each speaker's beliefs, its refusal to sentimentalize: all underline the director's strategy of art. Let the rest of the film world ride a rocket to excess; Kiarostami will find a quiet place and listen to a man's heart, right up until it stops beating. And then he will listen some more."
(fonte: http://www.iranianmovies.com/)

Bellissimo viaggio senza storia (quella del protagonista si è svolta tutta prima) e senza finale, il film ha l'eleganza, l'intelligenza, la profondità senza presunzione del miglior Kiarostami. Le colline gialle e scavate diventano quasi un richiamo alla terra; i dialoghi, anche filosofici, hanno la naturalezza della vita vera. E alla fine, dopo l'alba, tutto ridiventa cinema, con la troupe e il regista sui luoghi delle riprese. O, forse, tutto il cinema diventa esperienza quotidiana.
(fonte: http://www.film.tv.it/)

Ancora una volta Kiarostami sceglie la via della metafora per condurre un'indagine critica su una società contraddittoria e un potere illiberale, nella quale il suicidio costituisce un esplicito gesto di rifiuto globale. Non sapremo mai se l'uomo, che nelle intenzioni originarie si sarebbe dovuto togliere la vita, l'abbia poi fatto davvero. Il finale aperto a Kiarostami è stato infatti imposto. Per ovvie ragioni.
(fonte: http://www.delcinema.it/)

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